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28 dicembre 2022 -  
CALA IL NUMERO DEGLI AVVOCATI ITALIANI

Cala il numero degli avvocati italiani, con un saldo finale fra iscrizioni e cancellazioni che per la prima volta risulta negativo per 1.604 unità. Il dato 2021 degli iscritti a Cassa Forense è di 241.830; di questi il 94,3% risulta attivo, mentre il restante 5,7% è rappresentato da pensionati contribuenti.

Un fenomeno contingente, dovuto anche alle assunzioni nella pubblica amministrazione per la realizzazione dell'Ufficio del Processo, che non può tuttavia nascondere la forte preoccupazione della classe forense per la crisi economica generata dalla pandemia e, in prospettiva, aggravata dalla guerra Russia-Ucraina

Valutazione della condizione professionale nel 2021

Su questo aspetto, il 28,4% dei rispondenti ha definito molto critica la situazione, con scarsità di lavoro e caratterizzata da un generale senso di incertezza. Accanto a ciò, circa un terzo degli avvocati definisce la situazione abbastanza critica, sebbene ci siano margini per superare le difficoltà (32,8%). Stabile e in continuità con il 2020, invece, la situazione per il 24,5%, mentre 14 avvocati su 100 rappresentano la quota di chi ha visto migliorare la propria condizione rispetto all’anno precedente.

Un dato di sintesi sulla condizione professionale in prospettiva può essere desunto dalla quota di professionisti che sta prendendo in considerazione l’ipotesi di lasciare l’attività. Sarebbe di quest’avviso circa un terzo degli avvocati (32,8%).

Quanto alle ragioni per cui si immagina di abbandonare la toga, gli intervistati hanno risposto in questo modo:

  • È un’attività che comporta eccessivi costi e non è remunerativa - 63,7%
  • Ho avuto un importante calo di clientela - 13,8%
  • Ho deciso di cambiare attività - 10,7%
  • Ho deciso di andare in pensione - 6,1%
  • Ho deciso di dedicarmi alla famiglia - 2,0%

Le prospettive di crescita della professione forense

Il minor appeal dell’immagine dell’avvocato, molto di più se la si osserva dall’interno della professione, ma anche se si adotta una prospettiva di osservazione dall’esterno, si correla direttamente con l’incertezza attuale del ritorno economico.

Fatto 100 il totale dei laureati nel 2020, la quota relativa agli studi giuridici è del 5,6%, molto al di sotto di quanto accade nelle discipline economiche (17,2%), in quelle mediche e farmaceutiche (12,1%), nell’ambito ingegneristico (12,0%).

Ma quali sono gli ambiti verso i quali buona gli avvocati italiani guardano per provare a presidiare nuovi campi o per consolidare la propria presenza e le proprie competenze? Per il 46,8% degli avvocati il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza rappresenta la specializzazione, in ambito civile, con il maggiore potenziale di sviluppo nei prossimi tre anni. A questo si aggiunge il 28,5% che indica il diritto della responsabilità civile e professionale e delle assicurazioni, seguito dal diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell’innovazione tecnologica (27,8%). Nell’area penale sono soprattutto le questioni legate a internet, all’informazione e alle nuove tecnologie ad essere percepite come portatrici di opportunità e, a seguire, si collocano, in cima alle indicazioni, il diritto penale dell’ambiente (35,1%), il diritto penale dell’economia e dell’impresa (26,1%), il diritto penale della persona (22,2%).

Nell’area amministrativa prevale fra le opzioni degli avvocati il diritto dell’ambiente e dell’energia (36,5%), il diritto sanitario (34,5%), il diritto urbanistico, dell’edilizia e dei beni culturali (21,8%).

Il mercato dei servizi legali 

In generale, gli avvocati non credono di dover sacrificare il rapporto di fiducia con il cliente di fronte all’opzione della specializzazione. Il 42,2% considera preminente la possibilità di offrire una pluralità di servizi, seppure nell’ambito di realtà organizzative multidisciplinari e specialistiche, senza tralasciare o annullare il rapporto fiduciario.

In prospettiva tuttavia, i temi giuslavoristici e fiscali, le normative sugli appalti, la contrattualistica tra clienti e fornitori continueranno a rimanere centrali per le attività d’impresa e saranno oggetto di una domanda di servizi specialistici anche di tipo legale. 

La femminilizzazione dell'Avvocatura

Nel contesto dell’Avvocatura e nello specifico fra gli iscritti alla Cassa Forense, questo processo appare particolarmente evidente: nel 1985 solo il 9,2% degli avvocati iscritti era di genere femminile; ci sono voluti più di 35 anni perché la situazione potesse configurarsi in maniera quasi paritaria

Attualmente il 47,7% degli avvocati iscritti è costituito da donne. Il percorso di convergenza, spinto negli anni recenti dall’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa, appare tuttavia oggi esposto a fattori di criticità legati alla permanenza nella professione e alle difficoltà che in ogni caso contraddistinguono in questi anni l’evoluzione della professione.

Non a caso nel 2021, per la prima volta, le donne neo-iscritte risultano inferiori a quelle che hanno optato per la cancellazione dalla Cassa, con un saldo negativo di circa 1.900 unità.

Questo principalmente per la differenza di reddito fra uomini e donne che, nel 54,2% degli intervistati, è dovuta anche agli impegni familiari e alla difficoltà di conciliare famiglia e professione.

Maggiore la quota di donne che sta pensando di lasciare la professione (37,3% contro il 28,3%), o che reputa l’attuale condizione professionale molto critica o abbastanza critica (65,7% contro il 56,9% degli uomini). Infine, più alta è la quota di donne che sa di poter percepire una pensione insufficiente, una volta conclusa l’attività di avvocato (37,3% contro il 28,3% degli uomini).

Cala il numero degli avvocati italiani, con un saldo finale fra iscrizioni e cancellazioni che per la prima volta risulta negativo per 1.604 unità. Il dato 2021 degli iscritti a Cassa Forense è di 241.830; di questi il 94,3% risulta attivo, mentre il restante 5,7% è rappresentato da pensionati contribuenti.

Un fenomeno contingente, dovuto anche alle assunzioni nella pubblica amministrazione per la realizzazione dell'Ufficio del Processo, che non può tuttavia nascondere la forte preoccupazione della classe forense per la crisi economica generata dalla pandemia e, in prospettiva, aggravata dalla guerra Russia-Ucraina

 

Popolazione forense

 Dopo un lungo periodo di forte espansione numerica, che ha determinato un rilevante aumento degli iscritti contribuenti non pensionati, migliorando notevolmente il cosiddetto indice di dipendenza tra attivi e pensionati, cresciuto da circa 5 attivi per pensionato agli attuali 7,4 attivi per pensionato; tale crescita ha subito un arresto, determinando addirittura un’inversione di tendenza nell’ultimo anno solare. Il dato 2021 degli iscritti a Cassa Forense è di 241.830; di questi il 94,3% risulta attivo, mentre il restante 5,7% è rappresentato da pensionati contribuenti. Se rapportato alla popolazione italiana, il dato degli iscritti attivi è di 4,1 avvocati ogni 1.000 abitanti.

 La distribuzione per genere vede una leggera prevalenza maschile con il 52,3% sul totale. In termini assoluti sono 126mila gli avvocati uomini e 115mila le donne.

La distribuzione per area geografica mette in evidenza il peso della componente meridionale sul totale degli iscritti: circa un terzo degli avvocati risiede al Nord, contro il 43,8% degli avvocati presenti nel Mezzogiorno e il 22,5% nelle regioni centrali. Poco meno di sei avvocati su dieci hanno un’età inferiore ai cinquant’anni, mentre gli over 60 coprono una quota di poco superiore al 15%. Questo dato porta l’età media degli iscritti a 48,7 anni e quella degli iscritti attivi a 47,2 anniL’età media dei pensionati contribuenti è di 73,7 anni. Il peso delle donne sul totale degli iscritti è inversamente correlato all’età anagrafica, con una maggiore presenza femminile in tutte le classi d’età inferiori ai 55 anni: fatto 100 il totale degli avvocati con un’età inferiore ai 35 anni, il 59,1% è rappresentato da donne.

 

Il numero dei neo-iscritti è stato di 7.103, per il 57,3% dovuto relativo a donne e per il restante 42,7% a uomini. In ogni caso il saldo finale fra iscrizioni e cancellazioni è risultato negativo per 1.604 unità (+ 323 uomini, ma 1.927 donne in meno).

 Redditi 

 La distanza fra il reddito medio di una donna avvocato e quella di un collega uomo è tale che occorre sommare il reddito di due donne per sfiorare (e non raggiungere) il livello medio percepito da un uomo: 23.576 euro contro i quasi 51mila.La distanza fra i redditi è ancora più evidente se si prende in considerazione l’età anagrafica degli avvocati. Chi ha meno di trent’anni supera di poco la soglia dei 13mila euro di reddito, mentre solo a partire dai cinquant’anni è possibile raggiungere un livello superiore al valore medio (35.905 euro nella classe d’età 45-49 anni, 45.943 euro nella classe d’età 50-54 anni.

 Una piramide a base molto larga può rappresentare efficacemente la distribuzione del numero degli iscritti per classi di reddito. Il 58,1% delle posizioni, pari a poco più di 140mila avvocati, non raggiunge la soglia dei 20mila euro e in questa parte sono comprese 32mila posizioni con reddito pari a zero o addirittura negativo o, ancora, le posizioni con reddito non comunicato pervenuto (corrispondono al 13,2% sul totale).

Il 27,0% si colloca all’interno della classe compresa fra i 20mila e i 50 mila euro, mentre in cima alla piramide (oltre i 50mila euro) si posiziona il 14,8% degli avvocati – poco meno di 36mila posizioni – di cui il 6,5% con redditi superiori ai 100mila euro

 

Valutazione della condizione professionale nel 2021

Su questo aspetto, il 28,4% dei rispondenti ha definito molto critica la situazione, con scarsità di lavoro e caratterizzata da un generale senso di incertezza. Accanto a ciò, circa un terzo degli avvocati definisce la situazione abbastanza critica, sebbene ci siano margini per superare le difficoltà (32,8%). Stabile e in continuità con il 2020, invece, la situazione per il 24,5%, mentre 14 avvocati su 100 rappresentano la quota di chi ha visto migliorare la propria condizione rispetto all’anno precedente.

Un dato di sintesi sulla condizione professionale in prospettiva può essere desunto dalla quota di professionisti che sta prendendo in considerazione l’ipotesi di lasciare l’attività. Sarebbe di quest’avviso circa un terzo degli avvocati (32,8%).

Quanto alle ragioni per cui si immagina di abbandonare la toga, gli intervistati hanno risposto in questo modo:

  • È un’attività che comporta eccessivi costi e non è remunerativa - 63,7%
  • Ho avuto un importante calo di clientela - 13,8%
  • Ho deciso di cambiare attività - 10,7%
  • Ho deciso di andare in pensione - 6,1%
  • Ho deciso di dedicarmi alla famiglia - 2,0%

 Le prospettive di crescita della professione forense

 Il minor appeal dell’immagine dell’avvocato, molto di più se la si osserva dall’interno della professione, ma anche se si adotta una prospettiva di osservazione dall’esterno, si correla direttamente con l’incertezza attuale del ritorno economico.

Fatto 100 il totale dei laureati nel 2020, la quota relativa agli studi giuridici è del 5,6%, molto al di sotto di quanto accade nelle discipline economiche (17,2%), in quelle mediche e farmaceutiche (12,1%), nell’ambito ingegneristico (12,0%).

Ma quali sono gli ambiti verso i quali buona gli avvocati italiani guardano per provare a presidiare nuovi campi o per consolidare la propria presenza e le proprie competenze? Per il 46,8% degli avvocati il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza rappresenta la specializzazione, in ambito civile, con il maggiore potenziale di sviluppo nei prossimi tre anni. A questo si aggiunge il 28,5% che indica il diritto della responsabilità civile e professionale e delle assicurazioni, seguito dal diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell’innovazione tecnologica (27,8%). Nell’area penale sono soprattutto le questioni legate a internet, all’informazione e alle nuove tecnologie ad essere percepite come portatrici di opportunità e, a seguire, si collocano, in cima alle indicazioni, il diritto penale dell’ambiente (35,1%), il diritto penale dell’economia e dell’impresa (26,1%), il diritto penale della persona (22,2%).

Nell’area amministrativa prevale fra le opzioni degli avvocati il diritto dell’ambiente e dell’energia (36,5%), il diritto sanitario (34,5%), il diritto urbanistico, dell’edilizia e dei beni culturali (21,8%).

Il mercato dei servizi legali 

In generale, gli avvocati non credono di dover sacrificare il rapporto di fiducia con il cliente di fronte all’opzione della specializzazione. Il 42,2% considera preminente la possibilità di offrire una pluralità di servizi, seppure nell’ambito di realtà organizzative multidisciplinari e specialistiche, senza tralasciare o annullare il rapporto fiduciario.

In prospettiva tuttavia, i temi giuslavoristici e fiscali, le normative sugli appalti, la contrattualistica tra clienti e fornitori continueranno a rimanere centrali per le attività d’impresa e saranno oggetto di una domanda di servizi specialistici anche di tipo legale. 

La femminilizzazione dell'Avvocatura

Nel contesto dell’Avvocatura e nello specifico fra gli iscritti alla Cassa Forense, questo processo appare particolarmente evidente: nel 1985 solo il 9,2% degli avvocati iscritti era di genere femminile; ci sono voluti più di 35 anni perché la situazione potesse configurarsi in maniera quasi paritaria

Attualmente il 47,7% degli avvocati iscritti è costituito da donne. Il percorso di convergenza, spinto negli anni recenti dall’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa, appare tuttavia oggi esposto a fattori di criticità legati alla permanenza nella professione e alle difficoltà che in ogni caso contraddistinguono in questi anni l’evoluzione della professione.

Non a caso nel 2021, per la prima volta, le donne neo-iscritte risultano inferiori a quelle che hanno optato per la cancellazione dalla Cassa, con un saldo negativo di circa 1.900 unità.